Anno: 2021

Bruxismo

Il bruxismo ( o digrignamento dei denti) consiste in uno sfregamento associato ad un serramento, involontario e violento, dei denti dell’arcata superiore e inferiore.

Questo fenomeno è causato dalla contrazione dei muscoli masticatori (massetere, temporale, pterigoidei) e tende ad essere presente anche durante il sonno.

I sintomi ai quali può portare sono principalmente mal di testa, dolore alla mandibola e all’orecchio e può portare se protratto ad abrasione e usura dei denti.
Può essere causato o peggiorato da deviazioni mandibolari, mal occlusione e stress emotivo.

Non esistono farmaci che possano curare il bruxismo, ma per ridurre l’usura dei denti e i sintomi dolorosi associati a questa parafunzione si può ricorrere all’utilizzo del bite, un paradenti che può essere indossato di notte e impedire lo sfregamento dei denti.

La Cicatrice

La cicatrice è un accumulo di tessuto fibroso anelastico che genera difficoltà di scorrimento ai piani fasciali e muscolari portando a retrazioni e tensioni connettivali. Il tessuto cicatriziale che si viene a formare può essere atrofico, ipetrofico o cheloide (il più difficile da trattare).

La cicatrice può formare aderenze che si insinuano tra tessuti, organi e articolazioni sconvolgendo impercettibilmente l’equilibrio postulare dell’individuo.

L’osteopata può agire sulla cicatrice cercando di ridurre le aderenze e facilitando lo scorrimento tissutale tramite varie tecniche di trazionamento fasciale come quelle di scollamento e scivolamento, ma anche in modo indiretto con tecniche indirette come il fascial drag. Il trattamento delle cicatrici risulta talvolta necessario visto il loro ruolo perturbatore e la loro ripercussione sul corpo.

Una cicatrice si considera solida (quindi trattabile manualmente) solitamente dopo 15 giorni anche se in alcuni casi per sicurezza può essere consigliabile trattarla dopo un mese.

Nella clinica, si è vista l’importanza dell’approccio osteopatico nel trattamento di particolari cicatrici come quelle che si instaurano con il parto cesareo.

Cervicalgia

Il dolore del rachide cervicale è uno dei motivi più frequenti di consultazione per un osteopata, classificata come quarta causa più comune di disabilità.

Questa condizione è definita come dolore percepito ovunque nella regione posteriore della colonna cervicale, dalla linea nucale superiore al primo processo spinoso toracico.

Nella cervicalgia il trattamento manipolativo osteopatico è risultato utile nel miglioramento a breve termine nella mobilità e nel dolore, in particolare si è evidenziato come il miglioramento funzionale della dorsale tramite tecniche manipolative aiuti a migliorare il movimento della cervicale.

 Possono anche essere utili tecniche sulla stessa zona cervicale a livello articolare e suoi tessuti molli e anche le tecniche viscerali poiché queste strutture possono instaurare dolore cervicale tramite riflessi viscerosomatici.

Che cos’è l’osteopatia?

L’osteopatia è un sistema affermato e riconosciuto di prevenzione sanitaria che si basa sul contatto manuale per la diagnosi e per il trattamento. Agisce sul corpo analizzandolo nella sua interezza, non si sofferma sul sintomo o sul dolore ma cerca la causa scatenante in tutto il corpo.

Nella norma CEN (EN 16686) del 2015 l’osteopatia è definita come una disciplina sanitaria di primo contatto centrata sul paziente, che esalta l’interrelazione tra struttura e funzione all’interno del corpo, facilita la capacità di auto-guarigione dell’organismo e promuove un approccio rivolto alla totalità della persona in tutti i campi della salute e della prevenzione, attraverso il trattamento manipolativo osteopatico.

L’osteopatia nasce il 22 giugno 1874 a seguito di un’intuizione del Dottor Andrew Taylor Still che dirà: “Come una scheggia di sole, una scintilla di verità colpì il mio spirito: grazie allo studio, la ricerca e l’osservazione, mi avvicinavo gradualmente a una scienza che sarebbe stata di grande beneficio per il mondo.” Il nome deriva dalla volontà di Still di voler mettere l’osso come punto di partenza per accertare le cause delle condizioni patologiche.

Nel libro “Filosofia e biomeccanica dei principi di Osteopatia” Still la definisce come “conoscenza scientifica dell’anatomia e della fisiologia, nelle mani di una persona intelligente e capace, in grado di applicare quella conoscenza nell’uomo malato o affetto da distorsioni, traumi, cadute, squilibri meccanici o lesioni in qualunque parte del corpo.”

 

Chi è l’osteopata?
L’osteopata è un professionista sanitario (inquadrato nella legge 3/2018) che usa le proprie conoscenze sul rapporto tra struttura e funzione per ottimizzare le capacità di autoregolazione e di autoguarigione dell’organismo.
Tale approccio olistico nei confronti della cura e della guarigione dei pazienti si basa sull’idea che un essere umano rappresenti un’unità funzionale dinamica, nella quale tutte le parti sono interconnesse e che possiede dei propri meccanismi di autoregolazione e di autoguarigione.
Una componente essenziale sanitaria della cura osteopatica è rappresentata dal trattamento manipolativo osteopatico (OMT), tecniche manipolative che si possono combinare con altri trattamenti o consigli, per esempio su alimentazione, attività fisica e postura o counseling. [OMS 2010]

Questa definizione dell’OMS (organizzazione mondiale della sanità) in sostanza delinea l’osteopata come un professionista sanitario che utilizza prettamente la terapia manuale allo scopo di permettere al corpo di ritrovare la sua salute, rimuovendo gli ostacoli definiti da noi disfunzioni somatiche.

Chi è il massoterapista, che cosa fa?

Il massoterapista, o M.C.B., è colui che applica la massoterapia.

A questo punto ti starai chiedendo “ma cos’è la massoterapia?”

La massoterapia (dal greco “masso” e “therapeia”, letteralmente “cura con il modellamento delle mani”)  è quel che comunemente potremmo definire come “la terapia dei massaggi”. 

Il massaggio, è la più antica forma di terapia fisica esistente, la cui origine risale al primo millennio a.C. nei territori ora facenti parte dell’India. Per definizione, consiste in una serie di manualità effettuate sui tessuti molli del corpo umano a scopo igienico, estetico, sportivo e terapeutico. Le manualità sono operazioni eseguite prevalentemente con il palmo della mano e talvolta con altre parti del corpo (pollice, polpastrelli, nocche, avambraccio, gomito).

In particolare, con massoterapia si intende l’utilizzo del massaggio con finalità terapeutica, riabilitava e preventiva realizzata attraverso il massaggio manuale.

Attraverso il trattamento manuale dei tessuti molli, l’obiettivo del massoterapista è quello di dar sollievo a specifici tipi di dolore, normalizzare disfunzioni ed indurre un rilassamento psico-fisico. 

Bene, quali sono i meccanismi d’azione che rendono efficace il trattamento massoterapico?

Tutti gli scopi che il massaggio si propone di ottenere, dipendono dall’esatta applicazione tecnica della manualità necessaria alla risoluzione della specifica problematica. I meccanismi insiti in ogni manualità, tali da produrre una modificazione fisiologica rilevante a livello corporeo sono:

  • azione meccanica (o diretta): prodotta direttamente sui tessuti e sugli organi sottoposti al trattamento, dovuta allo stimolo fisico della manualità stessa (pressione, vibrazione, stiramento).
  • azione riflessa (o indiretta): che produce modificazioni dello status funzionale di organi lontani dal punto di applicazione della manualità, attraverso la stimolazione di particolari recettori nervosi presenti nella cute, nei muscoli e nei tendini, i quali trasmettono lo stimolo ricevuto al sistema nervoso centrale. A sua volta, il SNC, rimanda risposte vaso-motorie, che agiscono sulla circolazione settoriale, e neuro-vegetative, che impattano sulla frequenza cardiaca e respiratoria e sulla regolazione del tono muscolare.

Ogni manualità produce effetti sia meccanici che riflessi, dunque sarà la necessità terapeutica a determinarne l’utilizzo in base alla specifica finalità.

Quando è indicata la massoterapia? Quando non lo è?

Sul piano corporeo, il massaggio, produce numerosi effetti con l’attivazione di reazioni fisiche e biochimiche riguardanti:

  • stimolo del metabolismo con riattivazione della circolazione dei fluidi 
  • rilassamento psico-fisco 
  • riequilibrio dei livelli ormonali
  • miglior ossigenazione dei tessuti
  • azione tonica generale
  • effetto analgesico

Per controindicazioni al massaggio si intendono tutte quelle situazioni patologiche che possono peggiorare conseguentemente alla massoterapia:

  • processi traumatici recenti
  • processi infiammatori acuti
  • flebopatie
  • insufficienza cardiaca con edemi agli arti inferiori
  • patologie del sistema nervoso centrale
  • gravi necropatie
  • stati febbrili
  • neoplasie
  • dermatiti e dermatosi

A chi è rivolta la massoterapia?

A tutti! Chiunque di noi per il solo fatto di essere al mondo, considerando che il muscolo lavora solo in accorciamento, col passare del tempo andrà in contro a retrazioni muscolari. Se poi teniamo in considerazione i vari stressor a cui siamo sottoposti quotidianamente durante le nostre attività sportive e lavorative (e perché no, anche nella vita privata), la sommatoria di tutto ciò determinerà una muscolatura inevitabilmente contratta.

Il mio consiglio è quello di trovare un terapista competente, farti massaggiare, sarai poi tu stesso a giudicare la validità della massoterapia!

La respirazione è una delle nostre funzioni vitali

Ci permette di introdurre all’interno del nostro corpo l’ossigeno. Questa molecola, e la capacità di utilizzo che abbiamo, influisce in maniera significativa sul nostro stato di salute.

Oltre all’ossigeno, è di particolare importanza la capacità di tollerare l’anidride carbonica, ossia la principale molecola indice di stress metabolico.

Inspiriamo aria dall’atmosfera.

Utilizziamo l’ossigeno per produrre energia.

Espiriamo i prodotti di scarto, che sono anidride carbonica e acqua.

Perché è importante sapere tutto ciò?

Perché si stima che il 90% della popolazione mondiale ha un pattern respiratorio che è disfunzionale.

Se consideriamo che in media una persona respira circa 15 volte al minuto, significa ripetere ed utilizzare in maniera impropria delle strutture corporee per circa 21600 volte al giorno. Quasi 8 milioni di volte in anno. 

Quanto può influire ripetere un gesto vitale, nella maniera sbagliata, sullo stato di salute di una persona?

Ti svegli già stanco? Ti senti particolarmente stressato? Soffri di apnee notturne? Russi?

Probabilmente c’è qualcosa che potresti fare dovunque per migliorare la tua vita da subito!

Nasciamo piangendo, con l’intendo di introdurre per la prima volta ossigeno in maniera diretta nel nostro corpo. Moriamo esalando l’ultimo respiro.

Questa funzione ci accompagnerà per tutta la durata della nostra vita.

Essere consapevoli del suo funzionamento e di alcune tecniche per poterla rendere più efficiente e funzionale, ti permetteranno di migliorare la qualità della tua vita in maniera impressionante e low cost!

Il Covid-19 ci ha reso più aggressivi?

Il 9 marzo del 2020, l’umanità si è trovata a sperimentare con impotenza un evento inaspettato e sconvolgente, questo sentimento di impotenza si è poi trasformato in rabbia.

La pandemia ci ha colti alla sprovvista, si è insediata come un nemico silenzioso che ha determinato il crollo delle nostre certezze di invincibilità.
Una collera che non conosce colpevoli però non è facile da sperimentare, quando i nostri sentimenti di rabbia non trovano un bersaglio sicuro contro cui scagliarsi subentra un profondo stato di impotenza e frustrazione.
Nessuna profilassi sembrava garantirci la salute, per la prima volta dopo molto tempo, abbiamo sperimentato la fragilità di fronte ad una malattia che nessuno sembrava aver studiato.
Eppure, è da quando l’essere umano ha iniziato a organizzarsi in una società che le malattie contagiose hanno assunto un ruolo particolare.
La storia dell’uomo ha assistito a decine di epidemie causate da virus sconosciuti che poi l’uomo ha imparato a conoscere, a curare o addirittura a sconfiggere.
Cos’è cambiato?
Con lo sviluppo degli antibiotici la letalità della maggior parte delle malattie batteriche si è drasticamente ridotta, l’avvento dei vaccini ha consolidato la certezza di poter controllare la salute pubblica prefigurando l’immaginario di una longevità sempre più garantita.
L’emergenza COVID-19 ha però ha incrinato le nostre certezze, ha assunto una dimensione sempre più concreta e ogni decesso causato da questa malattia rappresentava l’espressione di una nostra imprudenza.

L’isolamento sperimentato durante la quarantena ci ha insegnato a non fidarci più di nessuno, non un abbraccio, non un bacio, non una cena tra amici. Abbiamo vissuto la disperazione della solitudine e quando abbiamo intuito che non potevamo prendercela con nessuno abbiamo avvertito l’impulso liberatorio di ricercare un capro espiatorio che ci aiutasse ad esorcizzare la paura.

Perché?

Leggendo I promessi sposi di Alessandro Manzoni, abbiamo imparato che la caccia all’untore è una pratica molto apprezzata ed ampiamente promossa da gruppi terrorizzati di persone.
Dolore e frustrazione spesso originano ostilità, quando la causa della frustrazione è minacciosa o sconosciuta spesso l’ostilità viene diretta da un’altra parte, questo fenomeno di spostamento dell’aggressività può aver portato le persone a cambiare il loro bersaglio. La rabbia viene quindi reindirizzata verso un obiettivo diverso da ciò che ha originato la nostra frustrazione, in genere si tratta di un nuovo bersaglio più sicuro.

Qualsiasi vissuto doloroso sia esso un’aspettativa disattesa, un litigio, un lutto o la privazione della libertà è in grado di sollecitare una violenta reazione emotiva.
Dunque possiamo asserire che l’aggressività è spesso innescata da esperienze avversive e l’esperienza psicologica che ne deriva è sicuramente la frustrazione.

La nutrizione a sostegno del sistema immunitario e dell’epidemia da COVID-19

L’emergenza sanitaria che stiamo vivendo, causata dalla famiglia del coronavirus mette in gioco i meccanismi di difesa da parte del nostro sistema immunitario.

Noi essere umani siamo dotati di un immunità innata (non antigene-specifica ed immediata), ma priva di una memoria immunologica ed un immunità adattiva (antigene specifica), ma con una memoria immunologica.

Per immunità innata si fa riferimento ad una prima linea di difesa nei confronti di agenti patogeni (virus, batteri, lieviti, funghi, protozoi), e le prime cellule tipiche dell’immunità innata sono appartenenti alla famiglia dei globuli bianchi, chiamati, fagociti in quanto in grado di eliminare fisicamente questi patogeni, mangiandoseli o nello specifico mediante fagocitosi.

Di questa famiglia fanno parte anche i Monociti-Macrofagi, le Cellule Dentriche, che per i primi accorrono nel sito d’ingresso dei patogeni e mettono in atto una serie di segnali. Ma il primo segnale di uno stato infiammatorio è caratterizzato da quattro momenti: ARROSSAMENTO, DOLORE, CALORE e GONFIORE.

In alcuni stati infettivi, questa si risolve senza la manifestazione di particolari sintomi, ma quando un’agente patogeno  riesce a superare queste prime linee di difesa, l’immunità innata chiama in gioco l’immunità specifica.

Quest’ultima consta di cellule chiamate linfociti T e linfociti B, che possiedono la specificità che permette loro di riconoscere un singolo agente estraneo all’organismo e di inserirlo nella memoria immunologica (capacità di ricordarlo qualora si ripresenti), sistema su cui si basano i vaccini, per evitare fenomeni epidemiologici.

IL RUOLO DELL’ALIMENTAZIONE

Per tutti gli esseri umani, rafforzare il sistema immunitario è importante al fine di prevenire la continua comparsa di eventi infettivi:  l’alimentazione in questo gioca un ruolo fondamentale.

Non dovranno mai mancare vitamina C, vitamina E ed alcuni minerali come calcio, ferro, selenio, magnesio, fosforo, potassio e zinco presenti soprattutto negli ortaggi verdi, legumi, cereali, frutta, pesce, uova e carne.

La vitamina C ha una struttura simile al glucosio. Chimicamente è rappresentata come acido L-Ascorbico.

L’acido L-ascorbico è un cofattore per alcune reazioni cruciali ed e’ coinvolta nel trasporto e l’assorbimento del ferro a livello intestinale. Ma non solo: è un potente antiossidante che neutralizza  i radicali liberi e le altre specie reattive dell’ossigeno (ROS), evitando in tal modo i danni prodotti da queste molecole nocive a carico del sistema immunitario e stimolando la funzionalità di neutrofili, macrofagi e linfociti.

L’azione antiossidante della vitamina C è ulteriormente amplificata dalla sua capacità di rigenerare la vitamina E dalla sua forma ossidata, permettendo cosi di avvantaggiarsi anche degli effetti antiossidanti di questo secondo micronutriente essenziale.

L’assunzione giornaliera raccomandata della vitamina C è compresa fra i 5 ed i 10 mg/die.

Inoltre studi scientifici, hanno dimostrato come una corretta assunzione di zinco possa contribuire alla normale funzione del sistema immunitario regolando l’attività dei linfociti T, aiutando la fagocitosi, e proteggendo le cellule dallo stress ossidativo.

 

 

IL SISTEMA IMMUNITARIO NELLO SPORTIVO

Abbiamo già detto che il nostro sistema immunitario si comporta come una rete complessa ma ordinata di regolazione  dell’omeostasi  (equilibrio) del nostro organismo, contrastando tutto ciò che possa alterare la corretta funzionalità dell’organismo stesso di appartenenza.

Una attività sportiva moderata ha senz’altro un’azione positiva su tutto il sistema immunitario, aumentando il numero e la capacità dei fagociti, presenti nel sangue, per contrastare una eventuale presenza di agenti patogeni. Invece, negli sport impegnativi in cui sono richiesti sforzi intensi e prolungati, un soggetto è maggiormente esposto a rischio di infezioni (soprattutto a carico delle vie respiratorie) in quanto sottoposti a maggiore stress fisico-psicologico e ambientale, generando in tal modo un vero e proprio stato di immundeficienza (dalle 3 ore alle 72 ore dopo l’allenamento o gara) non di grave entità s’intende, ma sufficiente ad aumentare il rischio di infezioni batterico-virali, cliniche e subcliniche.

In questo caso è ovvio che una alimentazione “intelligente” dovrà fornire una adeguata quantità di calorie, carboidrati, proteine, grassi, vitamine, Sali minerali, fibra e acqua.

In caso contrario si avrà un impatto negativo soprattutto sul sistema immunitario con abbassamento delle difese immunitarie e una aumentata suscettibilità alle infezioni.

Sport ed Omega 3

Gli acidi grassi essenziali

Gli acidi grassi omega-3 sono considerati acidi grassi essenziali, indispensabili per uno stato ottimale della salute umana. Sono definiti essenziali perché non possono essere sintetizzati dall’organismo e, per questo motivo, si devono ottenere dagli alimenti.
Noti come acidi grassi poli-insaturi (PUFA, acronimo di Poli Unsaturated Fatty Acids), gli omega-3 e gli omega-6 svolgono un ruolo cruciale per la funzionalità cerebrale così come per una crescita ed uno sviluppo corporeo normali. Ci sono tre importanti tipologie di acidi grassi omega 3 che si possono assumere normalmente con il consumo di prodotti alimentari e che vengono metabolizzati dall’organismo:
– l’acido alfa-linolenico (ALA);
– l’acido eicosapentaenoico (EPA);
– l’acido docosaesaenoico (DHA).

L’ALA è l’omega-3 di origine vegetale, mentre l’EPA e il DHA sono le forme di origine animale (derivano infatti principalmente dal pesce azzurro) più prontamente utilizzati e di maggior rilievo clinico per il nostro organismo, noti anche come n-3 HUFA (Highly Unsaturated Fatty Acid, ovvero acidi grassi altamente insaturi).

Gli omega-3 per i quali gli studi hanno provato una importanza clinica, si trovano esclusivamente nei pesci e in alcune microalghe. È importante seguire un’alimentazione contraddistinta da un appropriato equilibrio tra omega-3 e omega-6 (altri acidi grassi essenziali), in quanto queste due famiglie di molecole cooperano insieme nel promuovere la salute.

Omega 3 e Sport
Lo sportivo, sia amatore che professionista, può trarre beneficio dall’assunzione di omega 3: le caratteristiche di questi nutrienti, infatti, possono essere un valido aiuto per  lo sportivp per mantenersi in forma e tenere un alto livello prestativo.
Chi svolge attività sportiva è esposto, più di altri, alle infiammazioni sia a livello locale che generale: non solo, infatti, la tipologia del gesto sportivo può portare a infiammare (e logorare precocemente) un tessuto o un’articolazione, ma anche generare un “malessere generale” che può abbattere la capacità prestativa.
Sono stati misurati i “marker infiammatori” (ovvero delle molecole che si trovano nel sangue e che danno la misura dell’infiammazione di un soggetto): molte ricerche e diversi studi hanno confermato come un’assunzione regolare di EPA e DHA riesca a mantenere controllata l’infiammazione generata dall’attività sportiva.
Un sintomo legato a questo tipo di stress è rappresentato dal broncospasmo da esercizio: quando un atleta (tipicamente di endurance) è sottoposto a un carico atletico intenso, può andare incontro a difficoltà respiratorie e bruciore a bronchi e polmoni, che si prolungano anche per diverso tempo dopo la fine dell’attività fisica. Una assunzione regolare di acidi grassi omega 3, ha un effetto protettivo contro l’insorgenza del broncospasmo da esercizio fisico intenso e prolungato.
Gli omega 3, inoltre, sono un utile supplemento per tutte le persone in sovrappeso che iniziano a fare sport per perdere peso: oltre a proteggere dagli stati infiammatori gli omega 3 aiutano a controllare meglio i livelli di zucchero e di colesterolo ematici, facilitando la perdita di massa grassa.

Come già detto, è molto importante riuscire a mantenere un perfetto equilibrio fra acidi grassi omega-3 ed omega-6 nell’alimentazione. Per gli adulti, un consumo adeguato di EPA e DHA dovrebbe essere almeno di 500mg/die come somma dei due. In generale si raccomandano due-tre porzioni di pesce grasso alla settimana (approssimativamente 1,250 mg. di EPA e di DHA al giorno) per il trattamento di determinati stati di salute; in alternativa è possibile assumere 1-2 g di olio di pesce ultra concentrato e purificato al dì.
In genere gli omega-3 contribuiscono a ridurre l’infiammazione mentre la maggior parte degli omega-6 tendono a promuovere fenomeni infiammatori. E’ chiaro quindi come un equilibrio inappropriato tra questi acidi grassi essenziali possa avere degli effetti nocivi. Un adeguato apporto alimentare può, invece, aiutare a conservare e persino a migliorare lo stato di salute. Un’alimentazione sana dovrebbe contenere una quantità di omega-6 approssimativamente 1-3 volte maggiore rispetto agli omega-3. La tipica dieta occidentale tende a contenere in media 10 volte più omega-6 che omega-3. La stragrande maggioranza dei ricercatori ritengono che questo squilibrio sia alla base della crescente incidenza di disordini infiammatori nei paesi industrializzati. La dieta mediterranea, ossia quella a base di verdure abbondanti, pesce e frutti di mare, frutta, legumi, cereali integrali, olio extravergine d’oliva e consumo moderato di vino, è caratterizzata da un equilibrio più sano fra omega-3 ed omega-6. Molti studi indicano che i soggetti che seguono questo tipo di alimentazione sono meno soggetti allo sviluppo di malattie cardiache.

Uno dei modi migliori per prevenire e trattare le malattie del cuore è quella di seguire un regime alimentare che miri a sostituire gli alimenti ricchi di acidi grassi saturi con quelli ricchi di acidi grassi monoinsaturi e poli-insaturi della serie omega-3. Gli studi suggeriscono che EPA e DHA di origine marina contribuiscono a ridurre i fattori di rischio cardiovascolari, come un alto tasso di trigliceridi, colesterolo LDL ed un valore elevato della pressione

La causa dell’aterosclerosi
I grassi alimentari, gli zuccheri e le proteine consumati in eccesso rispetto al fabbisogno energetico immediato si trasformano nel fegato in trigliceridi e vengono trasportati dal torrente ematico a tutti i distretti corporei: alle cellule

adipose, dove vengono depositati, o ad altre cellule, dove vengono utilizzati come “carburante”. Ciò permette di comprendere che una certa quantità di trigliceridi nel siero è normale, anzi essenziale. Tuttavia, un accumulo è deleterio: un elevato tasso di trigliceridi nel sangue è ritenuto uno dei principali fattori di rischio cardiovascolare.

I trigliceridi e il colesterolo in eccesso nel sangue possono essere controllati dagli acidi grassi omega-3 a catena lunga, e questo fatto è stato ampiamente documentato da molti studi che mostrano come stili alimentari e/o supplementi ricchi di EPA e DHA abbassano significativamente la pressione sanguigna dei soggetti affetti da ipertensione. In questi casi affidarsi ad estratti purificati potrebbe essere addirittura meglio che aumentare il consumo di pesce azzurro “non controllato”, visto che i pesci con un elevato contenuto di mercurio (tipo il tonno) sarebbero da evitare. Sono da preferire gli integratori di olio di pesce concentrato che siano stati sottoposti a processi di purificazione avanzata mediante distillazione molecolare multipla, in quanto privi di contaminanti e metalli pesanti.

 

Il cortisolo: stress e alimentazione

Il cortisolo è un ormone prodotto dalle ghiandole surrenali. E’ conosciuto come “ormone dello stress” in quanto la sua secrezione aumenta in condizioni di affaticamento psico-fisico, ed è temutissimo dai frequentatori di palestre poiché il suo eccesso promuove il catabolismo (perdita di massa muscolare). Analizziamo gli effetti positivi e negativi del cortisolo:

-Gli effetti positivi del cortisolo:
Se al giorno d’oggi il cortisolo è un ormone da temere, da un punto di vista evolutivo ha avuto un ruolo assolutamente positivo: senza la secrezione di cortisolo l’uomo primitivo difficilmente si sarebbe salvato la vita in situazioni di pericolo.
Il cortisolo era l’ormone che predisponeva all’azione fulminea: quando si avvertiva la minaccia di un animale feroce, la secrezione di cortisolo permetteva di stare in allerta, pronti a scappare o ad affrontare la belva. Senza di esso le gambe non avrebbero avuto la prontezza di correre, e si sarebbe stati predati.

Il cortisolo:
– Permette un repentino flusso di zuccheri nel sangue, indispensabili all’azione esplosiva: la combustione di grassi richiedere adattamenti metabolici più lunghi ad instaurarsi, mentre in caso di pericolo si ha bisogno di energie immediatamente disponibili.
– Aumenta la pressione arteriosa, in modo da far affluire il sangue verso gli organi vitali ed evitare la dispersione di energie.
– Stimola l’azione anti-infettiva e anti-infiammatoria del sistema immunitario.
– Permette una minor percezione del dolore.
– Stimola il sistema nervoso centrale a prendere decisioni rapide senza lasciarsi paralizzare dall’ansia o dall’indecisione, permette di avere maggiore concentrazione per i dettagli e di avere un atteggiamento determinato.
Gli effetti del cortisolo sono positivi solo se bilanciati dall’azione di altri ormoni, in particolar modo dal DHEA (5-deidroepiandrosterone), dall’insulina e dal testosterone.

Gli effetti negativi del cortisolo
Lo stress cronico determina un’iperproduzione di cortisolo non bilanciata dall’azione di altri ormoni; questo comporta un aumento continuo degli zuccheri nel sangue: se in una condizione di pericolo reale questi zuccheri sono finalizzati all’azione, in una situazione di stress prolungato gli stessi zuccheri vanno a promuovere insulino-resistenza, infiammazione tissutale con abbassamento delle difese immunitarie, perdita di massa minerale ossea (che può favorire osteoporosi), diminuzione della funzione tiroidea, irritabilità, angoscia e ansia che possono spingersi fino alla depressione.

Il cortisolo viene secreto in modo molto consistente anche a fronte di allenamenti sportivi eccessivi, senza che sia dato al corpo il giusto tempo di recupero: alti livelli di cortisolo protratti nel tempo portano alla perdita di massa magra e ad una resistenza al dimagrimento.

Dal punto di vista del peso corporeo, l’eccesso di cortisolo determina l’aumento del grasso viscerale a livello dell’addome (il più pericoloso per la salute cardiovascolare) e una forte difficoltà a dimagrire. Nelle donne l’azione negativa del cortisolo associata a una prevalenza di estrogeni rispetto al progesterone determina anche ritenzione idrica e cellulite.
Il cortisolo infatti, come ho detto, determina un continuo afflusso di zuccheri nel sangue: finché sono disponibili gli zuccheri il nostro corpo non andrà mai ad attingere energie dal tessuto adiposo, e anzi andrà a trasformare quest’eccesso di zucchero in un’ulteriore riserva di grasso. Oltretutto il sovrappeso è una condizione che aumenta la secrezione di cortisolo stesso, instaurando un meccanismo perverso.

 

DA NON DIMENTICARE:Il rapporto proteine/carboidrati nella dieta deve essere ottimale

Studi scientifici hanno dimostrato che il cortisolo viene secreto in misura maggiore quando la dieta è ricca di proteine: ecco perché regimi dietetici iperproteici portano ad un aumentato stress e nervosismo, o perché si dice che l’eccessivo consumo di carne renda aggressivi. Questo fatto ha una ricaduta anche sul dimagrimento, soprattutto se la dieta iperproteica è seguita da una donna: ricordate che il cortisolo porta ad una diminuita capacità di ossidare i grassi. Le diete iperproteiche seguite troppo a lungo sono controproducenti per l’organismo: non solo portano ad un aumento di residui tossici, ma squilibrano anche la secrezione ormonale.
Anche un eccesso di carboidrati ad alto indice glicemico porta ad un aumento del cortisolo: se le proteine stimolano direttamente la produzione di cortisolo, i carboidrati agiscono invece indirettamente (determinano un aumento di insulina, che a sua volta va ad aumentare il cortisolo). Prediligire carboidrati a basso indice glicemico.

BUONA GIORNATA IN SALUTE