Autore: Osteofighters

Il Covid-19 ci ha reso più aggressivi?

Il 9 marzo del 2020, l’umanità si è trovata a sperimentare con impotenza un evento inaspettato e sconvolgente, questo sentimento di impotenza si è poi trasformato in rabbia.

La pandemia ci ha colti alla sprovvista, si è insediata come un nemico silenzioso che ha determinato il crollo delle nostre certezze di invincibilità.
Una collera che non conosce colpevoli però non è facile da sperimentare, quando i nostri sentimenti di rabbia non trovano un bersaglio sicuro contro cui scagliarsi subentra un profondo stato di impotenza e frustrazione.
Nessuna profilassi sembrava garantirci la salute, per la prima volta dopo molto tempo, abbiamo sperimentato la fragilità di fronte ad una malattia che nessuno sembrava aver studiato.
Eppure, è da quando l’essere umano ha iniziato a organizzarsi in una società che le malattie contagiose hanno assunto un ruolo particolare.
La storia dell’uomo ha assistito a decine di epidemie causate da virus sconosciuti che poi l’uomo ha imparato a conoscere, a curare o addirittura a sconfiggere.
Cos’è cambiato?
Con lo sviluppo degli antibiotici la letalità della maggior parte delle malattie batteriche si è drasticamente ridotta, l’avvento dei vaccini ha consolidato la certezza di poter controllare la salute pubblica prefigurando l’immaginario di una longevità sempre più garantita.
L’emergenza COVID-19 ha però ha incrinato le nostre certezze, ha assunto una dimensione sempre più concreta e ogni decesso causato da questa malattia rappresentava l’espressione di una nostra imprudenza.

L’isolamento sperimentato durante la quarantena ci ha insegnato a non fidarci più di nessuno, non un abbraccio, non un bacio, non una cena tra amici. Abbiamo vissuto la disperazione della solitudine e quando abbiamo intuito che non potevamo prendercela con nessuno abbiamo avvertito l’impulso liberatorio di ricercare un capro espiatorio che ci aiutasse ad esorcizzare la paura.

Perché?

Leggendo I promessi sposi di Alessandro Manzoni, abbiamo imparato che la caccia all’untore è una pratica molto apprezzata ed ampiamente promossa da gruppi terrorizzati di persone.
Dolore e frustrazione spesso originano ostilità, quando la causa della frustrazione è minacciosa o sconosciuta spesso l’ostilità viene diretta da un’altra parte, questo fenomeno di spostamento dell’aggressività può aver portato le persone a cambiare il loro bersaglio. La rabbia viene quindi reindirizzata verso un obiettivo diverso da ciò che ha originato la nostra frustrazione, in genere si tratta di un nuovo bersaglio più sicuro.

Qualsiasi vissuto doloroso sia esso un’aspettativa disattesa, un litigio, un lutto o la privazione della libertà è in grado di sollecitare una violenta reazione emotiva.
Dunque possiamo asserire che l’aggressività è spesso innescata da esperienze avversive e l’esperienza psicologica che ne deriva è sicuramente la frustrazione.

La nutrizione a sostegno del sistema immunitario e dell’epidemia da COVID-19

L’emergenza sanitaria che stiamo vivendo, causata dalla famiglia del coronavirus mette in gioco i meccanismi di difesa da parte del nostro sistema immunitario.

Noi essere umani siamo dotati di un immunità innata (non antigene-specifica ed immediata), ma priva di una memoria immunologica ed un immunità adattiva (antigene specifica), ma con una memoria immunologica.

Per immunità innata si fa riferimento ad una prima linea di difesa nei confronti di agenti patogeni (virus, batteri, lieviti, funghi, protozoi), e le prime cellule tipiche dell’immunità innata sono appartenenti alla famiglia dei globuli bianchi, chiamati, fagociti in quanto in grado di eliminare fisicamente questi patogeni, mangiandoseli o nello specifico mediante fagocitosi.

Di questa famiglia fanno parte anche i Monociti-Macrofagi, le Cellule Dentriche, che per i primi accorrono nel sito d’ingresso dei patogeni e mettono in atto una serie di segnali. Ma il primo segnale di uno stato infiammatorio è caratterizzato da quattro momenti: ARROSSAMENTO, DOLORE, CALORE e GONFIORE.

In alcuni stati infettivi, questa si risolve senza la manifestazione di particolari sintomi, ma quando un’agente patogeno  riesce a superare queste prime linee di difesa, l’immunità innata chiama in gioco l’immunità specifica.

Quest’ultima consta di cellule chiamate linfociti T e linfociti B, che possiedono la specificità che permette loro di riconoscere un singolo agente estraneo all’organismo e di inserirlo nella memoria immunologica (capacità di ricordarlo qualora si ripresenti), sistema su cui si basano i vaccini, per evitare fenomeni epidemiologici.

IL RUOLO DELL’ALIMENTAZIONE

Per tutti gli esseri umani, rafforzare il sistema immunitario è importante al fine di prevenire la continua comparsa di eventi infettivi:  l’alimentazione in questo gioca un ruolo fondamentale.

Non dovranno mai mancare vitamina C, vitamina E ed alcuni minerali come calcio, ferro, selenio, magnesio, fosforo, potassio e zinco presenti soprattutto negli ortaggi verdi, legumi, cereali, frutta, pesce, uova e carne.

La vitamina C ha una struttura simile al glucosio. Chimicamente è rappresentata come acido L-Ascorbico.

L’acido L-ascorbico è un cofattore per alcune reazioni cruciali ed e’ coinvolta nel trasporto e l’assorbimento del ferro a livello intestinale. Ma non solo: è un potente antiossidante che neutralizza  i radicali liberi e le altre specie reattive dell’ossigeno (ROS), evitando in tal modo i danni prodotti da queste molecole nocive a carico del sistema immunitario e stimolando la funzionalità di neutrofili, macrofagi e linfociti.

L’azione antiossidante della vitamina C è ulteriormente amplificata dalla sua capacità di rigenerare la vitamina E dalla sua forma ossidata, permettendo cosi di avvantaggiarsi anche degli effetti antiossidanti di questo secondo micronutriente essenziale.

L’assunzione giornaliera raccomandata della vitamina C è compresa fra i 5 ed i 10 mg/die.

Inoltre studi scientifici, hanno dimostrato come una corretta assunzione di zinco possa contribuire alla normale funzione del sistema immunitario regolando l’attività dei linfociti T, aiutando la fagocitosi, e proteggendo le cellule dallo stress ossidativo.

 

 

IL SISTEMA IMMUNITARIO NELLO SPORTIVO

Abbiamo già detto che il nostro sistema immunitario si comporta come una rete complessa ma ordinata di regolazione  dell’omeostasi  (equilibrio) del nostro organismo, contrastando tutto ciò che possa alterare la corretta funzionalità dell’organismo stesso di appartenenza.

Una attività sportiva moderata ha senz’altro un’azione positiva su tutto il sistema immunitario, aumentando il numero e la capacità dei fagociti, presenti nel sangue, per contrastare una eventuale presenza di agenti patogeni. Invece, negli sport impegnativi in cui sono richiesti sforzi intensi e prolungati, un soggetto è maggiormente esposto a rischio di infezioni (soprattutto a carico delle vie respiratorie) in quanto sottoposti a maggiore stress fisico-psicologico e ambientale, generando in tal modo un vero e proprio stato di immundeficienza (dalle 3 ore alle 72 ore dopo l’allenamento o gara) non di grave entità s’intende, ma sufficiente ad aumentare il rischio di infezioni batterico-virali, cliniche e subcliniche.

In questo caso è ovvio che una alimentazione “intelligente” dovrà fornire una adeguata quantità di calorie, carboidrati, proteine, grassi, vitamine, Sali minerali, fibra e acqua.

In caso contrario si avrà un impatto negativo soprattutto sul sistema immunitario con abbassamento delle difese immunitarie e una aumentata suscettibilità alle infezioni.

Sport ed Omega 3

Gli acidi grassi essenziali

Gli acidi grassi omega-3 sono considerati acidi grassi essenziali, indispensabili per uno stato ottimale della salute umana. Sono definiti essenziali perché non possono essere sintetizzati dall’organismo e, per questo motivo, si devono ottenere dagli alimenti.
Noti come acidi grassi poli-insaturi (PUFA, acronimo di Poli Unsaturated Fatty Acids), gli omega-3 e gli omega-6 svolgono un ruolo cruciale per la funzionalità cerebrale così come per una crescita ed uno sviluppo corporeo normali. Ci sono tre importanti tipologie di acidi grassi omega 3 che si possono assumere normalmente con il consumo di prodotti alimentari e che vengono metabolizzati dall’organismo:
– l’acido alfa-linolenico (ALA);
– l’acido eicosapentaenoico (EPA);
– l’acido docosaesaenoico (DHA).

L’ALA è l’omega-3 di origine vegetale, mentre l’EPA e il DHA sono le forme di origine animale (derivano infatti principalmente dal pesce azzurro) più prontamente utilizzati e di maggior rilievo clinico per il nostro organismo, noti anche come n-3 HUFA (Highly Unsaturated Fatty Acid, ovvero acidi grassi altamente insaturi).

Gli omega-3 per i quali gli studi hanno provato una importanza clinica, si trovano esclusivamente nei pesci e in alcune microalghe. È importante seguire un’alimentazione contraddistinta da un appropriato equilibrio tra omega-3 e omega-6 (altri acidi grassi essenziali), in quanto queste due famiglie di molecole cooperano insieme nel promuovere la salute.

Omega 3 e Sport
Lo sportivo, sia amatore che professionista, può trarre beneficio dall’assunzione di omega 3: le caratteristiche di questi nutrienti, infatti, possono essere un valido aiuto per  lo sportivp per mantenersi in forma e tenere un alto livello prestativo.
Chi svolge attività sportiva è esposto, più di altri, alle infiammazioni sia a livello locale che generale: non solo, infatti, la tipologia del gesto sportivo può portare a infiammare (e logorare precocemente) un tessuto o un’articolazione, ma anche generare un “malessere generale” che può abbattere la capacità prestativa.
Sono stati misurati i “marker infiammatori” (ovvero delle molecole che si trovano nel sangue e che danno la misura dell’infiammazione di un soggetto): molte ricerche e diversi studi hanno confermato come un’assunzione regolare di EPA e DHA riesca a mantenere controllata l’infiammazione generata dall’attività sportiva.
Un sintomo legato a questo tipo di stress è rappresentato dal broncospasmo da esercizio: quando un atleta (tipicamente di endurance) è sottoposto a un carico atletico intenso, può andare incontro a difficoltà respiratorie e bruciore a bronchi e polmoni, che si prolungano anche per diverso tempo dopo la fine dell’attività fisica. Una assunzione regolare di acidi grassi omega 3, ha un effetto protettivo contro l’insorgenza del broncospasmo da esercizio fisico intenso e prolungato.
Gli omega 3, inoltre, sono un utile supplemento per tutte le persone in sovrappeso che iniziano a fare sport per perdere peso: oltre a proteggere dagli stati infiammatori gli omega 3 aiutano a controllare meglio i livelli di zucchero e di colesterolo ematici, facilitando la perdita di massa grassa.

Come già detto, è molto importante riuscire a mantenere un perfetto equilibrio fra acidi grassi omega-3 ed omega-6 nell’alimentazione. Per gli adulti, un consumo adeguato di EPA e DHA dovrebbe essere almeno di 500mg/die come somma dei due. In generale si raccomandano due-tre porzioni di pesce grasso alla settimana (approssimativamente 1,250 mg. di EPA e di DHA al giorno) per il trattamento di determinati stati di salute; in alternativa è possibile assumere 1-2 g di olio di pesce ultra concentrato e purificato al dì.
In genere gli omega-3 contribuiscono a ridurre l’infiammazione mentre la maggior parte degli omega-6 tendono a promuovere fenomeni infiammatori. E’ chiaro quindi come un equilibrio inappropriato tra questi acidi grassi essenziali possa avere degli effetti nocivi. Un adeguato apporto alimentare può, invece, aiutare a conservare e persino a migliorare lo stato di salute. Un’alimentazione sana dovrebbe contenere una quantità di omega-6 approssimativamente 1-3 volte maggiore rispetto agli omega-3. La tipica dieta occidentale tende a contenere in media 10 volte più omega-6 che omega-3. La stragrande maggioranza dei ricercatori ritengono che questo squilibrio sia alla base della crescente incidenza di disordini infiammatori nei paesi industrializzati. La dieta mediterranea, ossia quella a base di verdure abbondanti, pesce e frutti di mare, frutta, legumi, cereali integrali, olio extravergine d’oliva e consumo moderato di vino, è caratterizzata da un equilibrio più sano fra omega-3 ed omega-6. Molti studi indicano che i soggetti che seguono questo tipo di alimentazione sono meno soggetti allo sviluppo di malattie cardiache.

Uno dei modi migliori per prevenire e trattare le malattie del cuore è quella di seguire un regime alimentare che miri a sostituire gli alimenti ricchi di acidi grassi saturi con quelli ricchi di acidi grassi monoinsaturi e poli-insaturi della serie omega-3. Gli studi suggeriscono che EPA e DHA di origine marina contribuiscono a ridurre i fattori di rischio cardiovascolari, come un alto tasso di trigliceridi, colesterolo LDL ed un valore elevato della pressione

La causa dell’aterosclerosi
I grassi alimentari, gli zuccheri e le proteine consumati in eccesso rispetto al fabbisogno energetico immediato si trasformano nel fegato in trigliceridi e vengono trasportati dal torrente ematico a tutti i distretti corporei: alle cellule

adipose, dove vengono depositati, o ad altre cellule, dove vengono utilizzati come “carburante”. Ciò permette di comprendere che una certa quantità di trigliceridi nel siero è normale, anzi essenziale. Tuttavia, un accumulo è deleterio: un elevato tasso di trigliceridi nel sangue è ritenuto uno dei principali fattori di rischio cardiovascolare.

I trigliceridi e il colesterolo in eccesso nel sangue possono essere controllati dagli acidi grassi omega-3 a catena lunga, e questo fatto è stato ampiamente documentato da molti studi che mostrano come stili alimentari e/o supplementi ricchi di EPA e DHA abbassano significativamente la pressione sanguigna dei soggetti affetti da ipertensione. In questi casi affidarsi ad estratti purificati potrebbe essere addirittura meglio che aumentare il consumo di pesce azzurro “non controllato”, visto che i pesci con un elevato contenuto di mercurio (tipo il tonno) sarebbero da evitare. Sono da preferire gli integratori di olio di pesce concentrato che siano stati sottoposti a processi di purificazione avanzata mediante distillazione molecolare multipla, in quanto privi di contaminanti e metalli pesanti.

 

Il cortisolo: stress e alimentazione

Il cortisolo è un ormone prodotto dalle ghiandole surrenali. E’ conosciuto come “ormone dello stress” in quanto la sua secrezione aumenta in condizioni di affaticamento psico-fisico, ed è temutissimo dai frequentatori di palestre poiché il suo eccesso promuove il catabolismo (perdita di massa muscolare). Analizziamo gli effetti positivi e negativi del cortisolo:

-Gli effetti positivi del cortisolo:
Se al giorno d’oggi il cortisolo è un ormone da temere, da un punto di vista evolutivo ha avuto un ruolo assolutamente positivo: senza la secrezione di cortisolo l’uomo primitivo difficilmente si sarebbe salvato la vita in situazioni di pericolo.
Il cortisolo era l’ormone che predisponeva all’azione fulminea: quando si avvertiva la minaccia di un animale feroce, la secrezione di cortisolo permetteva di stare in allerta, pronti a scappare o ad affrontare la belva. Senza di esso le gambe non avrebbero avuto la prontezza di correre, e si sarebbe stati predati.

Il cortisolo:
– Permette un repentino flusso di zuccheri nel sangue, indispensabili all’azione esplosiva: la combustione di grassi richiedere adattamenti metabolici più lunghi ad instaurarsi, mentre in caso di pericolo si ha bisogno di energie immediatamente disponibili.
– Aumenta la pressione arteriosa, in modo da far affluire il sangue verso gli organi vitali ed evitare la dispersione di energie.
– Stimola l’azione anti-infettiva e anti-infiammatoria del sistema immunitario.
– Permette una minor percezione del dolore.
– Stimola il sistema nervoso centrale a prendere decisioni rapide senza lasciarsi paralizzare dall’ansia o dall’indecisione, permette di avere maggiore concentrazione per i dettagli e di avere un atteggiamento determinato.
Gli effetti del cortisolo sono positivi solo se bilanciati dall’azione di altri ormoni, in particolar modo dal DHEA (5-deidroepiandrosterone), dall’insulina e dal testosterone.

Gli effetti negativi del cortisolo
Lo stress cronico determina un’iperproduzione di cortisolo non bilanciata dall’azione di altri ormoni; questo comporta un aumento continuo degli zuccheri nel sangue: se in una condizione di pericolo reale questi zuccheri sono finalizzati all’azione, in una situazione di stress prolungato gli stessi zuccheri vanno a promuovere insulino-resistenza, infiammazione tissutale con abbassamento delle difese immunitarie, perdita di massa minerale ossea (che può favorire osteoporosi), diminuzione della funzione tiroidea, irritabilità, angoscia e ansia che possono spingersi fino alla depressione.

Il cortisolo viene secreto in modo molto consistente anche a fronte di allenamenti sportivi eccessivi, senza che sia dato al corpo il giusto tempo di recupero: alti livelli di cortisolo protratti nel tempo portano alla perdita di massa magra e ad una resistenza al dimagrimento.

Dal punto di vista del peso corporeo, l’eccesso di cortisolo determina l’aumento del grasso viscerale a livello dell’addome (il più pericoloso per la salute cardiovascolare) e una forte difficoltà a dimagrire. Nelle donne l’azione negativa del cortisolo associata a una prevalenza di estrogeni rispetto al progesterone determina anche ritenzione idrica e cellulite.
Il cortisolo infatti, come ho detto, determina un continuo afflusso di zuccheri nel sangue: finché sono disponibili gli zuccheri il nostro corpo non andrà mai ad attingere energie dal tessuto adiposo, e anzi andrà a trasformare quest’eccesso di zucchero in un’ulteriore riserva di grasso. Oltretutto il sovrappeso è una condizione che aumenta la secrezione di cortisolo stesso, instaurando un meccanismo perverso.

 

DA NON DIMENTICARE:Il rapporto proteine/carboidrati nella dieta deve essere ottimale

Studi scientifici hanno dimostrato che il cortisolo viene secreto in misura maggiore quando la dieta è ricca di proteine: ecco perché regimi dietetici iperproteici portano ad un aumentato stress e nervosismo, o perché si dice che l’eccessivo consumo di carne renda aggressivi. Questo fatto ha una ricaduta anche sul dimagrimento, soprattutto se la dieta iperproteica è seguita da una donna: ricordate che il cortisolo porta ad una diminuita capacità di ossidare i grassi. Le diete iperproteiche seguite troppo a lungo sono controproducenti per l’organismo: non solo portano ad un aumento di residui tossici, ma squilibrano anche la secrezione ormonale.
Anche un eccesso di carboidrati ad alto indice glicemico porta ad un aumento del cortisolo: se le proteine stimolano direttamente la produzione di cortisolo, i carboidrati agiscono invece indirettamente (determinano un aumento di insulina, che a sua volta va ad aumentare il cortisolo). Prediligire carboidrati a basso indice glicemico.

BUONA GIORNATA IN SALUTE